Morto a 86 anni il centrocampista spagnolo, grande nei Blancos dove vinse la Coppa Campioni 1960. Agnelli lo pagò 350 milioni: simbolo della Juve di Herrera, poi andò alla Roma per Capello e Spinosi

Il Postino ha consegnato l’ultima lettera, ha salutato amici e parenti, e se n’è andato per sempre. Luis Del Sol, scomparso ieri, aveva ottantasei anni. Centrocampista di fatica e di buona tecnica, dopo gli inizi nell’amato Betis Siviglia, era passato al Real Madrid dove giganteggiavano Ferenc Puskas e Alfredo Di Stefano.

Stiamo parlando della fine degli anni Cinquanta. E fu proprio Di Stefano a soprannominarlo il Postino per la capacità di rubare il pallone agli avversari e di traghettarlo, consegnandolo puntualmente, ai compagni d’attacco. Con i Blancos fece in tempo a vincere la Coppa dei Campioni del 1960, battendo in finale i tedeschi dell’Eintracht Francoforte con un 7-3 che fece storia: tripletta di Di Stefano e poker di Puskas. Del Sol, ammirato, dalla sua classica posizione di mezzala destra passò il tempo della partita a battere le mani ai compagni che, uno dopo l’altro, infilavano i palloni nella porta tedesca. E poi vinse pure l’Intercontinentale contro gli uruguaiani del Penarol. Giocare in quel Real Madrid significava essere parte di una leggenda: oltre alla Saeta Rubia e a Puskas, anche Gento, Canario, Santamaria e il capitano Zarraga. Ne parlano ancora oggi, di quella squadra dei sogni.

cartero

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Dopo l’esperienza al Real, Del Sol si trasferì in Italia. La Juventus dell’Avvocato Agnelli lo acquistò per 350 milioni di lire e in bianconero rimase per otto stagioni. In sostanza attraversò gli anni Sessanta con la maglia juventina addosso e di quel periodo fu il simbolo: era una squadra operaia, quella disegnata da Heriberto Herrera, l’allenatore paraguaiano che considerava Sivori e il giovane Coramini sullo stesso piano, e Del Sol di quel gruppo rappresentava il fulcro. Abilissimo nel pressare e nel gestire la manovra, la maggior parte delle azioni passavano dai suoi piedi. Non era un fine dicitore, ma una mezzala d’assalto, di lotta. Con la Juventus rimase fino al 1970, collezionando 228 presenze, realizzando 22 gol e conquistando lo scudetto del 1967 in volata sull’Inter. Poi decise di trasferirsi alla Roma. Meglio, rientrò in un mega-affare che i bianconeri misero in piedi con i giallorossi: a Torino arrivarono Fabio Capello e Luciano Spinosi, mentre alla Roma andò Del Sol oltre a un bel pacchetto di soldi. Lo spagnolo giocò due stagioni con la Roma e portò pure i gradi di capitano prima di rientrare in patria al suo amato Betis Siviglia del quale fu, in seguito, anche allenatore. Adios, cartero.

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